Demande moi si je suis heureux

Il libro delle dediche di casa Besson/Wyder - Settembre 2015
Il libro delle dediche di casa Besson/Wyder – Settembre 2015

La mia esperienza qui a Venthone è giunta al termine, mi sembra passato così tanto da quando arrivai zaino in spalla con tanta curiosità, catapultato dalla città a questa piccola realtà incastonata tra le montagne..sono invece passati solo 23 giorni.

E’ stato un periodo per me foriero di tante novità, e soprattutto esami: in primis con la lingua, perché quando mi trovo a mio agio con le persone sono un gran chiacchierone e non è stato semplice a volte mordersi le labbra perché non sapevo come tradurre il mio pensiero e correre in camera implorando alla wi-fi di insegnarmi nuove terminologie.

Poi il lavoro, che mi ha portato a cimentarmi nelle più disparate attività, facendomi riscoprire muscoli che probabilmente avevano già inoltrato richiesta di prepensionamento, ma soprattutto ho fatto i conti con una situazione severa e ingannatrice: la fatica.

Quella fatica che ti scoraggia, ti fa dire “ma chi caspita me lo sta facendo fare”, ti vorrebbe vedere in ginocchio esausto e avvilito ma che poi, se la sai prendere, può essere alquanto rivelatrice.

Ho potuto gustare il risultato di ore di sudore, con la fierezza di chi può dire:” vedi quello, l’ho fatto io!”.

Una cosa che ai più sembrerà banale, ma che a me dà sollievo, come quando mangio un melograno, un frutto ormai dimenticato, poco richiesto, ma che nasconde nella molteplicità dei suoi chicchi un gusto particolare.

Non voglio dimenticare le sensazioni e la soddisfazione provate alla fine di questi lavori.

Ricordo in particolare una mattina, faceva molto caldo, con Lalit stavamo sistemando dentro ad una capanna il fieno raccolto, un lavoro che non sopporto perché il fieno emana un odore fastidioso, e per di più unito all’alta temperatura alla fine ne eravamo completamente ricoperti.

Ad un certo punto lui mi guarda e dice: “Tu es heureux?”.Gli faccio segno che non ho capito quello che mi voleva dire, ero talmente stanco che non mi uscivano le parole. Lui riprende: ” Oui, tu es heureux? Are you happy?”

Aspetta un attimo, siamo sotto ad un caldo infernale, ricoperti di fieno in ogniddove e tu mi chiedi se sono felice?? La mia espressione era un misto di incredulità e stupore, come quella volta in Perù quando la signora che mi ospitò sul Lago Titicaca preparò spaghetti conditi con patate fritte.

Non gli risposi subito, ma quelle parole mi fecero riflettere. Io ero li in quell’istante perché lo avevo deciso, il fatto che facessi molta fatica non mi pesava, tanta era la volontà di vivere quell’esperienza.

Oggi quando l’ho salutato abbracciandolo gli ho augurato buona fortuna per i suoi progetti imminenti e con un sorriso sincero gli ho finalmente risposto:” Oui Lalit, je sui heureux!”.

Sono partito alla volta di Losanna insieme a Danièl e Jacqueline, per poi prendere un treno per Berna.Loro andavano ad un incontro per la salvaguardia dell’agricoltura…come in Italia la globalizzazione sta progressivamente spazzando via i piccoli agricoltori che non trovano più guadagno dagli enormi sacrifici profusi.

Salutarli non è stato facile ma molto gratificante: Jacqueline mi ha abbracciato dicendomi di essere felice di avermi conosciuto, mentre Danièl battendosi una mano sul cuore si diceva onorato di aver lavorato insieme a me.

Ora è il momento però di dare nuova linfa a questa avventura: dopo un paio di giorni di pit-stop a Berna sarà la volta del paesino di Trubschachen dove saranno ad aspettarmi  Tobias ed Olga.

3 commenti

    • Ciao Orlando, secondo me dipende tutto da cosa metti sul piatto della bilancia.
      Nel mio caso un’esperienza di questo tipo, con la possibilità di mettermi in gioco in maniera diversa avevano la priorità.
      Nella mia personale bilancia credimi che è più quello che sto ricevendo di quanto dato!

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